La prima bomba ?per Blair: Cook si dimette
LONDRA ? Il primo danno collaterale dell'incombente guerra all'Iraq lo ha subito il falco Tony Blair. Mentre ?giàpartito il conto alla rovescia per l'azione armata il ministro Robin Cook, per tanti anni suo fedele alleato nel partito laburista ed ex ministro degli esteri se n'?andato.
?Non posso accettare la responsabilit?collettiva di una guerra senza il consenso internazionale e l'appoggio interno?, ha scritto il leader della Camera dei Comuni nella lettera di dimissioni consegnata a Tony Blair subito dopo che a New York l'ambasciatore britannico presso le Nazioni Unite, Jeremy Greenstock, aveva annunciato il ritiro della bozza per la seconda risoluzione firmata da Regno Unito, Usa e Spagna.
Le
dimissioni di Cook, che potrebbero essere seguite da quelle di Clare Short, ministro per gli aiuti internazionali, sono la conferma di quanto stia rischiando Blair in questa crisi internazionale. Malgrado qualche passo in avanti nella conquista dell'opinione pubblica registrato in un sondaggio che uscir?domani sul ?Guardian?, la maggioranza dei britannici resta contraria ad un conflitto senza il via libera dell'Onu e Blair deve affrontare una rivolta nel suo stesso partito. A questo punto solo una guerra lampo e relativamente indolore potr?permettergli di superare la bufera.
Nella giornata di ieri, con un susseguirsi rapido di eventi, il governo di Londra ha sgombrato il campo per l'inizio della guerra. Prima con l'invito ai cittadini britannici residenti in Kuwait, in Israele, nella Striscia di Gaza e
in Cisgiordania di lasciare immediatamente quelle aree.
Poi, nel pomeriggio, con la relazione, richiesta del governo, del procuratore generale Lord Goldsmith, alla Camera dei Comuni nella quale si afferma che la guerra contro l'Iraq ?legale anche senza una seconda risoluzione del Consiglio di Sicurezza dell'Onu. Non essendo riuscito ad ottenere il consenso dell'Onu all'azione armata, Blair ha almeno bisogno di provare la legittimit?dell'uso della forza, ma il parere legale che ha prodotto non ha convinto il fronte del no alla guerra.
Alle 16 c'è stata la riunione d'emergenza del gabinetto. In tutto 45 minuti, probabilmente appena il tempo di prendere atto delle dimissioni del ministro (che non ha partecipato) e della fine del percorso diplomatico. Poi il vice premier John Prescott ?apparso sul
portone di
Downing Street per rendere ancora più esplicito quello che poco prima aveva detto a Washington il segretario di Stato Usa, Colin Powell: Saddam Hussein ha solo due opzioni, o l'esilio o la guerra. Mentre Prescott parlava, in lontananza si sentivano le urla dei manifestanti contro la guerra, che per tutto il pomeriggio hanno protestato lungo Whitehall, davanti al cancello di ferro che blocca l'accesso a Downing Street. Nella sua breve dichiarazione, il vice premier ha attaccato duramente la Francia, accusandola di aver fatto fallire ? minacciando di porre il veto ? la strada diplomatica e di essere quindi responsabile di aver aperto la via alla guerra.
La dichiarazione in Parlamento del ministro degli esteri, Jack Straw, originariamente prevista per le 19, ?slittata alla fine del dibattito ai
Comuni sul rinvio delle elezioni nell'Ulster.
Oggi ci sarè la resa dei conti fra Tony Blair ed i parlamentari ribelli laburisti. La Camera dei Comuni è stata convocata per discutere sull'Iraq. Il mese scorso 121 su 410 deputati del suo partito avevano votato contro la guerra. Questa volta potrebbero diventare 160, nel qual caso il voto dei conservatori pro-guerra diventer?determinante.
Tratto dal Resto del Carlino
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