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LUIGI FORNI
Comincia a Londra la caccia al patrimonio di Saddam
LONDRA - Mentre le teste di cuoio britanniche sono impegnate in Iraq a dare la caccia a Saddam Hussein, un gruppo di esperti altrettanto determinato esplora senza sosta le pieghe del sistema bancario internazionale alla ricerca del tesoro di Baghdad: il vasto patrimonio del dittatore iracheno, disseminato nei paradisi fiscali del mondo. La caccia a questo tesoro, abbandonata dopo il conflitto del '91, ?ricominciata in vista della caduta del rais. Come per l'azione militare, anche in
questo caso gli Stati Uniti guidano la carica: Saddam, ricorda il quotidiano britannico The Daily Telegraph, ?il terzo leader più ricco del mondo - dopo re Fahd ed il sultano del Brunei - con un patrimonio stimato dalla rivista americana Forbes in circa 2 miliardi di euro. Le autorit?Usa, scrive Newsweek questa settimana, annunceranno nei prossimi giorni la nuova offensiva contro i suoi conti bancari segreti e potrebbero trovare una cifra ben superiore a quella indicata da Forbes.
Secondo il vice-segretario di Stato americano Richard Armitage, riporta infatti il Daily Telegraph, la ricchezza del dittarore ?più vicina ai 7 miliardi di euro che a 2 miliardi di euro. Indipendentemente dall'ammontare, comunque, gli uomini dell'Ufficio per il Controllo delle Attivit?- che fa capo al dipartimento del Tesoro
Usa - hanno l'ordine di congelare qualsiasi conto bancario sospetto: i soldi che verranno recuperati, saranno utilizzati per la ricostruzione del Paese o per controbilanciare i costi della guerra. Per Washington, trovare il tesoro ?importante - osserva il Daily Telegraph - poich?proprio grazie a quel denaro il presidente dell' Iraq potrebbe comprare la sua salvezza. Dalla fine dell' ultima guerra del Golfo, Saddam ?riuscito a guadagnare circa 2,4 milioni di euro all' anno vendendo sottobanco petrolio e sigarette, ma anche attraverso un sofisticato sistema di bustarelle legato al programma petrolio in cambio di cibo sponsorizzato dall'Onu.
I compratori di petrolio, ha indicato infatti un recente rapporto l'istituto Coalition for International Justice (Cij), sono costretti a pagare una sorta di dazio di
4,5 centesimi di euro per ogni barile di greggio: nel solo 2000, questo meccanismo ha generato 190-290 milioni di euro. Sempre secondo il Cij, il dittatore incassa oltre 960 milioni di euro all'anno attraverso vendite illegali di petrolio alla Siria. Il settimanale Newsweek cita un conto bancario in Giordania in cui un imprenditore russo ha dovuto versare l'anno scorso una bustarella da 60.000 euro: le autorit?Usa sospettano che nei conti segreti disseminati in tutto il mondo ci siano ancora centinaia di milioni di euro pronti per essere congelati.
Tratto dal quotidiano Il piccolo di Trieste
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