I
banchieri rivedono il bonus la City aspetta un
Natale d’oro
EUGENIO OCCORSIO
Mike Connolly è un giovane broker della sede
londinese della Merrill Lynch. Lavora nella
finanziaria da tre anni, e mai aveva conosciuto il
brivido di un bonus. Gli avevano raccontato di premi
da favola, pari a due, tre, quattro, fino a quindici
volte il suo stipendio, ma a dir la verità da quando
era entrato per lui era già tanto conservare il
posto e la pagabase, che è di 5060mila sterline
(raddoppierà solo quando raggiungerà la qualifica di
managing director e per una città cara come Londra
non sono redditi da favola). Quest’anno, la
musica
cambierà: niente che si avvicini alle cifre di cui
si favoleggiava, ma un bonus ci sarà. Un premio per
aver lavorato duro tutto l’anno, in un ambiente di
rinnovata fiducia. «Potrò finalmente restituire le
rate del mutuo che erano rimaste in arretrato»,
sorride Connolly. E come lui decine e decine di
giovani professionisti che erano rimasti spiazzati
dalla crisi della finanza negli ultimi tre anni.
Dall’altra parte dell’oceano, a New York, le
anticipazioni su una cospicua stagione di bonus
hanno già comportato, secondo il costume americano
di indebitarsi appena possibile, una corsa
all’acquisto di macchine di lusso. «Abbiamo il più
ricco libro di prenotazioni di tutti i tempi», ha
detto a Bloomberg News Brian Miller, general manager
della Manhattan Motorcars. «Le nuove Bentley GT
(un’auto che costa 149.000 dollari, ndr) e
Lamborghini Gallardo (prezzo 167.500) sono già
esaurite. Per non parlare delle Porsche 911 Turbo».
Perfino il mercato delle case è in tensione, ed è
salito del 6 per cento nel terzo trimestre rispetto
al secondo. E tutto questo succede mentre, osserva
l’economista Richard Medley, «un settore della
finanza assolutamente centrale come quello dei fondi
d’investimento è spazzato dall’inchiesta a tappeto
del procuratore Spitzer che ha già ha fatto tante
vittime illustri e svelato malversazioni per decine
di miliardi di dollari».
Sta di fatto che il 2003, a questo punto, "rischia"
di essere l’anno del recupero sul fronte di queste
attesissime gratifiche di fine anno, corrisposte per
una molteplicità di figure professionali rispetto
agli obiettivi prefissati: un dirigente di una banca
commerciale ne riceve se i prestiti che ha fatto si
rivelano efficaci e produttivi, un promotore
finanziario secondo il numero delle quote o dei
servizi che è riuscito a vendere, per un operatore
in bonds dipende dai rendimenti che ha raccolto, un
manager di una banca d’investimenti riceve bonus a
seconda degli affari che ha condotti in porto e
della "quantità" di M&A che ha messo insieme,
perfino una società di credit recovery valuta il
numero di distressed assets, le "gestioni
difficili", che ha riportato a casa. E così via.
Tutti, indistintamente, aspettano con trepido
ottimismo il periodo delle gratifiche, che va
tradizionalmente da dicembre a marzo. Le finanziarie
che chiudono il bilancio a fine novembre (Lehman
Brothers, Morgan Stanley, Goldman Sachs) comunicano
i bonus il 16 dicembre, le altre a gennaio. Tutte
devono per legge metterli in pagamento entro 60
giorni dalla chiusura del bilancio.
La Armstrong International, un’agenzia di Londra
specializzata in questo tipo di analisi (oltre che
nell’executive search), conferma il ritorno
generalizzato, anche se non si sbilancia in molti
casi nel quantificarlo. Sia per i banchieri
d’investimento che per gli analisti in titoli della
City comunque è previsto un aumento medio fra il 10
e il 20 per cento del bonus. Un po’ superiore
dovrebbe essere, azzarda la Napier Scott di Londra,
il bonus per i funzionari coinvolti nei derivati e
nei buoni convertibili. Per i corporate bond a
reddito fisso si potrebbe arrivare anche al 50 per
cento di incremento, e questo perché i trader in
questi titoli sono stati i maggiori beneficiari dei
bassi tassi d’interesse che sono stati una
caratteristica di tutto quest’anno. Anche i broker
in titoli, vista la ripresa dei mercati azionari,
stanno lentamente riguadagnando volumi d’affari.
Quanto all’M&A, ottobre è stato il mese più intenso
degli ultimi due anni.
Nessun regalo, comunque. «D’accordo, i bonus
cresceranno com’è inevitabile essendo relativi al
2003, un anno in cui il business è stato molto
forte», ha confermato, dal suo ufficio di Londra,
William Winters, il vice capo dell’investment bank
della JP Morgan. «Ma effettueremo un’attentissima
distinzione basata sulle singole performance». E
Andrew Lowenthal, capo globale del recruiting nei
servizi finanziari alla Egon Zehnder International
di Londra, offre la sua soluzione: «Non c’è nessun
dubbio che sarà un anno migliore: i profitti sono
buoni, ma soprattutto ci sono meno bocche da
sfamare». In effetti, l’emorragia di posti di lavoro
nella City è stata micidiale: in tutto il composito
settore dei financial services ne sono stati persi
100.000 in tre anni, di cui 26.000 nel solo periodo
settembre 2001giugno 2002, fino a un livello di
302mila che è un minimo quasi storico. Ora,
lentamente, si sta iniziando a riassumere. Il
comparto guadagnerà probabilmente intorno alle 3.000
unità l’anno prossimo. Conferma Antonio Perricone,
managing partner della BS Private Equity, uno dei
principali operatori indipendenti nel settore del
private equity operativo dalle sedi di Londra e
Milano: «Abbiamo assunto nelle ultime settimane
alcuni giovani professionisti nell’ufficio di
Londra, e sento nel nostro ambiente di diverse
persone che stanno intraprendendo interviste
preassunzione». Ma a proposito dei bonus, Perricone
si dichiara perplesso: «Diciamo che il vero fattore
positivo è sicuramente il fatto che si sia arrestata
la perdita di posti di lavoro, ma da questo a dire
che ci possiamo aspettare una grassa stagione di
bonus ce ne corre ancora». Nella City c’è chi
condivide questo scetticismo: «Intanto chi ha grossi
bonus ha bassi stipendi, e negli ultimi duetre anni
ha sofferto pesantemente», dice Roberto Guerrini, a
lungo responsabile del Monte dei Paschi a Londra e
oggi presidente del Business Club Italia, sempre
nella capitale inglese. «Oggi che le Borse sono
risalite, sta anche alla loro abilità far valere
presso i loro amministratori, chi fa i conti
insomma, che quest’anno le cose sono andate meglio e
che è anche merito loro. Che poi dopo tutti questi
anni di vacche magrissime, la base degli affari sia
sempre bassa è un altro discorso».
In America la situazione è ancora più delicata e
complessa. Dopo l’11 settembre 2001 e fino a maggio
dell’anno scorso, 48mila posizioni nel settore
finanziario si sono volatilizzate, portando il
totale dei tagli dall’inizio della crisi (metà 2000)
a più di 200mila, e fissando il minimo a 793.700
occupati nel settembre 2002. Un anno dopo, stando
alla Sia, una società di analisi che compila
mensilmente questi bollettini, la situazione è
lievissimamente migliorata, e gli occupati sono
risaliti a 798.100. Ma nella sola New York, sede
ovviamente della massima concentrazione del paese,
questi numeri continuano a deteriorarsi, e a
settembre 2003 si era a 176mila unità, il minimo da
nove anni, il 20 per cento in meno del dicembre
2000, come documentano le statistiche dell’U.S.
Bureau of Labor Statistics. Ora un contributo non
marginale lo darà la robusta stagione degli utili:
per il 2003, secondo stime stavolta della Securities
Industry Association, le sette maggiori banche
d’investimento e case di brokeraggio d’America Bear
Stearns, Citigroup, Goldman Sachs, JP Morgan, Lehman
Brothers, Merrill Lynch e Morgan Stanley metteranno
a segno profitti pretasse cumulativi per 22,5
miliardi di dollari, una somma da record più di tre
volte superiore ai 6,9 miliardi guadagnati l’anno
scorso. Da questi risultati non potranno non venire
notizie confortanti sul fronte dell’occupazione, e
verosimilmente anche dei bonus. Solo alla J.P.
Morgan i profitti del terzo trimestre sono schizzati
a 1,63 miliardi di dollari. Per inciso, anche le
maggiori istituzioni europee si preparano a chiudere
un 2003 a gonfie vele. I tre colossi Ubs, Credit
Suisse e Deutsche Bank hanno riportato utili per 3,8
miliardi di dollari nel solo investment banking nei
primi sei mesi, contro i 2,1 dello stesso periodo
del 2002.
Un’altra sicura caratteristica dei bonus edizione
2003 è che saranno pagati in azioni più che in
contanti, e questo perché, come spiega Medley, «il
cash in cassa è ancora poco e perciò prezioso». Ma
ugualmente forte nelle società, a questo punto, è
l’esigenza fidelizzare i migliori dipendenti, e
legarli in qualche modo quindi soprattutto con le
stock options con tanto di lock up time all’azienda.
Il tradizionale rapporto 65-35 (le percentuali
rispettivamente in titoli e contanti di un bonus)
potrebbe essere invertito. Le finanziarie
cercheranno poi di "rateizzare" quanto più possibile
il pagamento. Tutto alla luce del sole,
naturalmente: la Morgan Stanley durante l’estate ha
rivisto completamente la sua politica di compensi e
bonus. L’effetto dei cambiamenti sul conto economico
è stato tale che nel terzo trimestre questa voce (compensation
expense charge) è scesa di 519 milioni di dollari, e
l’utile netto è aumentato di 350 milioni.
Ma, pur con tutte le modifiche al suo interno, che
il bonus sia un elemento fondamentale della
retribuzione è fuor di dubbio. Anzi, sta
conquistando sempre nuovi proseliti. Finora era
diffuso per lo più a Londra e New York, e ora si sta
adeguando anche la terza piazza mondiale, la
Svizzera. «Da pochi anni anche le nostre banche
hanno istituito il bonus come premio per i
migliori», conferma Franco Citterio, direttore
dell'Associazione Bancaria Ticinese. «Quest’anno
qualche bonus ci sarà, certamente, ma nulla che si
avvicini ai livelli anglosassoni». Comunque, è un
istituto che si diffonde, e non poteva diffondersi
se fossero continuati i tempi difficili. eguando
anche la terza piazza mondiale, la Svizzera. «Da
pochi anni anche le nostre banche hanno istituito il
bonus come premio per i migliori», conferma Franco
Citterio, direttore dell'Associazione Bancaria
Ticinese. «Quest’anno qualche bonus ci sarà,
certamente, ma nulla che si avvicini ai livelli
anglosassoni». Comunque, è un istituto che si
diffonde, e non poteva diffondersi se fossero
continuati i tempi difficili.
Gentilmente tratto dal settimanale Affari&Finanza
del quotidiano La Repubblica
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