Per gli inglesi
è un incubo che ritorna. È la memoria tragica del più alto
tributo in vite umane in una guerra coloniale e di un grande
errore strategico. Rimanda alla campagna di Mesopotamia,
tra il 1914 e il 1917: 90 mila morti in una guerra sconosciuta
a quasi tutti. E i luoghi di oggi, dove si combatte e si
muore, sono gli stessi di allora: Bassora, la penisola di
Faw, Nasirya, Kut, le paludi dello Shatt al Arab.
Quando scoppiò nel novembre 1914, pochi capirono che si
trattava della prima guerra per il petrolio. L'Europa era
troppo impegnata a massacrare eserciti nelle trincee delle
Prima guerra mondiale per occuparsi di un corpo di spedizione
inglese, formato quasi interamente da soldati coloniali
indiani, che prese possesso in poco tempo delle foci dello
Shatt al Arab. Sono gli anni del disfacimento dell'Impero
Ottomano, ma sono soprattutto gli anni della scoperta del
petrolio e del suo utilizzo sul piano militare. Il petrolio
e la nafta diventano strategici per far marciare gli eserciti.
Winston Churchill lo aveva capito nel 1911 quando era ministro
della Marina di Sua Maestà. Le corazzate non potevano più
navigare a carbone. La nafta consentiva maggiori velocità
e facilità di rifornimento. E per assicurarsi il petrolio
per la flotta gli inglesi tentarono di metter le mani sui
giacimenti di quella che allora si chiamava Mesopotamia,
provincia e malsana per via delle paludi, dove i pozzi erano
proprietà turca, ma gestiti dai tedeschi loro alleati.
Il governo inglese il 24 ottobre 1914 diede il via libera
al governo coloniale delle Indie di organizzare la spedizione,
ufficialmente per proteggere i giacimenti inglesi sulla
riva persiana della foce del fiume, ma in realtà per occupare
gli scali di Bassora e di Faw e prendersi i pozzi più ricchi
che stavano sulla riva sinistra dello Shatt al Arab. Alla
testa della spedizione c'era il generale Charles Thownshend,
comandante coraggioso, un avventuriero che quasi cent'anni
fa elaborò una strategia molto simile a quella di oggi:
armamento leggero, corsa veloce per occupare le posizioni
dentro la Mesopotamia fino al cuore della provincia, cioè
fino a Bagdad.
All'inizio fu facile. La fortezza turca di Faw cadde senza
resistere, così come Bassora. I soldati della Sublime Porta
si ritirarono e si attestarono attorno a Bagdad. Il generale
inglese, con poche armi e pochissime attrezzature, scelse
la via più veloce per arrivare a Bagdad. Aveva poche auto,
poche autoblindo, poco armamento pesante. Così si mise a
costruire qualche corvetta, qualche barca a vapore, armò
di cannoni il naviglio di Bassora. Mise in acqua quasi 500
barche e chiatte, roba veloce che risaliva il Tigri e l'Eufrate
con una marcia trionfale.
I giornali inglesi dell'epoca la descrissero come una regata
esaltante e il generale non si accorse della trappola verso
cui navigava con i suoi uomini. La prima colonna fluviale
occupò Nasirya sull'Eufrate, l'altra sul Tigri conquistò
la città di Amara. L'entusiasmo era alle stelle, le barche
veloci di Thownshend facevano a pezzi i lenti convogli ottomani
e si spingevano a Nord. Ma, dietro, la linea dei rifornimenti
si allungava, mancavano le munizioni, il cibo, l'acqua,
il carburante. Il generale volle ugualmente lanciarsi contro
le difese dell'attuale Al Kut e poi verso Bagdad. Londra
doveva vendicare la bruciante sconfitta dei Dardanelli.
Ma a 30 chilometri a sud di Bagdad ad attendere gli inglesi
c'erano le mitragliatrici pesanti e i cannoni dei soldati
turchi addestrati dai loro alleati tedeschi. E davanti a
Ctesifonte, antichissima capitale dei Parti, il corpo di
spedizione inglese fu massacrato.
Il generale con 13 mila uomini riuscì a ritirarsi a Kut.
Le chiatte con i feriti impiegarono quasi 15 giorni a raggiungere
il porto di Bassora. Kut venne assediata per 150 giorni.
Un altro generale mandato in soccorso perse 23 mila uomini
nel tentativo di risalire il fiume. Il governo di Londra
autorizzò Thownshend a pagare 2 milioni di sterline agli
assedianti. Ma i turchi rifiutarono. Il 26 agosto 1916 gli
inglesi si arresero. I soldati vennero avviati senz'acqua
e cibo nel deserto. Morirono quasi tutti. Londra ammise
90 mila morti. Un anno dopo si prese la rivincita e un corpo
di spedizione di 150 mila uomini, inglesi e non delle Indie,
ben armato e dotato di mezzi di rifornimenti occupò Bagdad.
Era la fine dell'Impero Ottomano e i giacimenti iracheni
vennero ripartiti tra le compagnie petrolifere occidentali
di allora.
Alberto Bobbio