Londra:
grandi exploit e sonore bocciature per l'arte
italiana 04/03/04
Contraddittori gli esiti delle Italian Sales (20-21
ottobre): 16 nuovi record d’artista ma anche
invenduti clamorosi, come una delle due sculture di
Marini (per l’altra è record), e quattro dei cinque
Morandi; invenduti anche metà dei Fontana
di Matteo Lampertico
Londra. Al di là dei facili trionfalismi, l’esito
delle aste tenutesi a Londra e dedicate all’arte
italiana è stato abbastanza contraddittorio.
Se è vero che sono stati letteralmente polverizzati
i record di taluni artisti (Pascali, Manzoni,
Marini, Rotella, Gnoli), è altrettanto vero che non
sono mancati invenduti anche clamorosi, a
testimonianza del fatto che il mercato dell’arte
moderna sta attraversando un momento molto delicato.
Dopo l’ascesa costante e indiscriminata dei prezzi
negli ultimi anni, i compratori si stanno facendo
via via più selettivi. Viene premiata la qualità e
la rarità, mentre le opere meno felici stentano a
trovare un acquirente.
Basti pensare al caso di Giorgio Morandi o a quello
di Lucio Fontana: del primo si è venduto soltanto
uno dei cinque dipinti proposti, mentre del secondo
circa il 50% delle opere messe in vendita non ha
trovato compratori, a causa della scarsa qualità
delle stesse.
Un commento a parte merita Marino Marini: nell’asta
Sotheby’s il «Cavaliere» del 1953 ha raggiunto ben
2,57 milioni di euro superando così ogni altro
risultato precedente, ma la sera seguente, da
Christie’s, una scultura analoga ma di maggiori
dimensioni è andata misteriosamente invenduta forse
a causa delle voci negative divulgate dai mercanti
italiani.
Le note maggiormente positive riguardano Manzoni,
Afro e Pascali. In entrambe le aste vi erano opere
di qualità eccezionale e i compratori non hanno
mancato di farsi trovare pronti all’appuntamento: un
«Achrome» di Manzoni del 1958, di dimensioni
contenute, ha raggiunto la cifra record di 1,26
milioni di euro, un risultato impensabile soltanto
qualche anno fa, e il celeberrimo «Cannone
semovente» di Pino Pascali (vero e proprio simbolo
della poetica di questo artista) ha toccato
l’incredibile cifra di 2,25 milioni di euro, a
dimostrazione del forte interesse, nei confronti
dell’Arte Povera italiana, nutrito dai collezionisti
e dai musei stranieri. Non meno sorprendenti i
439mila euro toccati dal bellissimo Afro rosso del
1965 e i 583mila euro dello Gnoli del 1968
(acquistato dalla Galleria Nazionale d’Arte Moderna
di Roma), due opere senza dubbio di grande qualità.
Nel caso di Mimmo Rotella vorremmo commentare in
modo altrettanto entusiastico il risultato di
728mila euro toccato da un décollage del 1962 se su
questo acquisto, effettuato in sala dal segretario
della Fondazione Rotella contro una signora seduta
accanto a lui, non gravasse qualche legittima
perplessità. Meno brillante, rispetto agli artisti
ora citati, è la situazione di Alighiero Boetti. I
prezzi delle sue opere sono saliti in modo troppo
brusco e sembrano ora aver subito una battuta di
arresto: al risultato positivo del «Tutto»,
aggiudicato a 440mila euro, ha fatto infatti
risconto la mancata vendita della grande «Mappa» di
Sotheby’s e il risultato piuttosto modesto di quella
di Christie’s, venduta a 215mila.
In lenta ripresa appare invece Alberto Burri:
entrambi i sacchi sono stati infatti venduti intorno
alle 300mila sterline (487mila euro quello di
Christie’s e 391mila quello di Sotheby’s).
L’accesa competizione fra Christie’s e Sotheby’s
vede le due case d’asta anglosassoni perfettamente
allineate quanto a fatturato (circa 7 milioni di
sterline, 10 milioni di euro). L’asta di Sotheby’s
ha tuttavia riscontrato una migliore percentuale di
venduto (75% per lotti e 84% per fatturato) rispetto
a quella di Christie’s (60% circa per lotti e
fatturato).
Gentilmente dal Giornale dell'Arte.com