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tentazione in piazza Scala
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anche: Harrods
Harrods, tentazione in piazza Scala a Milano
L' idea lo affascinava. Eccome se gli piaceva. Del
resto Mohamed Al Fayed, il sultano di Harrods, ha
sempre avuto buon fiuto per gli affari. E questo
sarebbe stato, per lui, un ottimo «affare». Qual era
l' idea? Entrare nel salotto buono del mondo della
finanza, nel «cuore» di Milano. Non in punta di
piedi. Ma alla grande. Trasformando lo storico
palazzo della Banca Commerciale Italiana di piazza
della Scala, «fortezza della finanza laica» e centro
dell' establishment politico-bancario del ' 900, in
un grande magazzino. In un «fast food», tutto luci e
scale mobili, dove acquistare, come vuole uno slogan
caro al miliardario egiziano, «dall' ago all'
elefante». Insomma l' idea era quella di realizzare
a fianco della Scala, a lato di palazzo Marino, un
negozio-città. Fotocopia del mitico emporio di
Knightsbridge a Londra. Un' idea svanita però sul
nascere. Perché dagli uffici di Banca Intesa, che
nel ' 99 ha incorporato la Comit, è arrivata la
smentita «di qualsiasi trattativa». Vanificando ogni
progetto di
Harrods. Insomma quel palazzo,
progettato nel 1911 da Luca Beltrami, non è in
vendita. Anzi non si tocca. Deve rimanere quello che
è: cassaforte nella cassaforte. Perché qui, nel
palazzo che oggi ospita la sede direzionale di Banca
Intesa e la storica filiale Comit, sono custoditi i
ricordi più preziosi della Banca Commerciale
Italiana. La banca, fondata nel 1894 dagli ebrei
polacchi Otto Joel e Federico Weil, che ha
accompagnato passo per passo le sorti dell' economia
nazionale, promuovendone lo sviluppo. La banca
divenuta negli anni parte essenziale della vita del
Paese. La banca che finanziò la prima Fiera di
Milano e la prima autostrada italiana, la «Laghi» da
Milano a Varese. Ma soprattutto è la banca di
Raffaele Mattioli, entrato nel ' 33 come segretario
e uscito nel ' 72 da presidente. Il «banchiere
umanista» che coniugò finanza e cultura: «don
Raffaele» come fu soprannominato dalla borghesia
ambrosiana, che da lui si andava a confrontare per i
grandi progetti. Mattioli: il banchiere illuminato
che creò Mediobanca per affidarla a Enrico Cuccia.
L' uomo simbolo del «miracolo italiano», che Le
Monde, alla sua morte, ricordò come «il più grande
banchiere italiano dopo Lorenzo de' Medici». E che
il giornalista e studioso Giancarlo Galli, nel libro
a lui dedicato (edito da Rizzoli), definì «Il
Gattopardo di piazza Scala». Grazie a lui, nel
palazzo sono state custodite (e molte lo sono
tuttora) preziosissime pagine della storia d'
Italia. Nei caveau della Comit sono stati
conservati, nel periodo fascista, i «Quaderni dal
carcere» di Antonio Gramsci, fondatore del Pci al
confino, prima che fossero spostati al sicuro a
Londra, presso Piero Sraffa. E sempre qui è stata
fondata, sempre da Mattioli, la «Ricciardi», la casa
editrice che curò la miglior collezione di classici
della letteratura italiana. Questo ieri. Perché oggi
il palazzo ospita i documenti storici di Banca
Intesa, di cui quelli di Comit sono il pilastro, l'
archivio della famiglia Verri e la più importante
biblioteca economica d' Italia: patrimonio della
Fondazione «Raffaele Mattioli», presieduta dal
figlio Maurizio. Pagine di storia, preziosità del
passato da custodire. Da proteggere. E da non
mischiare con aghi ed elefanti da grandi magazzini.
Davide Gorni PROGETTATO da Beltrami COSTRUITO NEL
1911 Il palazzo Comit Dal «Palazzo rosso», così
chiamato per le decorazioni in cotto della facciata,
la sede della Banca Commerciale Italiana si sposta
nel 1911 nel palazzo di fronte, sempre in piazza
della Scala, progettato da Luca Beltrami PAGINE DI
STORIA I Diari di Gramsci Nella cassaforte del
palazzo il banchiere-intellettuale Raffaele Mattioli,
fece custodire anche i «Quaderni dal carcere» di
Antonio Gramsci. Sempre qui Mattioli fondò la casa
editrice Ricciardi che pubblicò la più importante
collezione di classici italiani PREZIOSO ARCHIVIO La
Fondazione Il palazzo ospita anche la Fondazione
«Raffaele Mattioli», presieduta dal figlio Maurizio,
che raccoglie gli archivi storici di Comit e della
famiglia Verri.
Tratto dal quotidiano Il Corriere Della Sera
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