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Il ritorno degli Stati in economia

 

 

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Il ritorno degli Stati in economia

Quest’anno fanno venti anni esatti da quando Margaret Thatcher inventò le privatizzazioni. Era infatti il novembre 1984 quando la battagliera primo ministro britannico portò in Borsa la British Telecom, aprendo una stagione che forse adesso sta per chiudersi.
Il dubbio che questa esperienza che dalla Gran Bretagna è poi sbarcata in tutta Europa possa essere ormai alla fine del suo arco temporale è nei numeri che stilano il consuntivo dell’uscita del governo di Londra da una decina di settori.
Ai telefoni del 1984, è seguito il gas due anni dopo. Nel 1987 è stata poi la volta di British Airways, Rolls Royce (motori aeronautici), e British Airport Authority. Nel 1988 è toccato alla British Steel, la siderurgia, e l’anno dopo all’acqua. In due tranche, nel ’90 e nel ’91, lo Stato è uscito dall’elettricità, Nel 1995 e nel ’96 alle ferrovie e ultimo, nel 1996, è toccato al nucleare di British Energy.
Il punto è se le privatizzazioni, che hanno portato molti soldi nelle casse pubbliche, abbiano o meno creato efficienza per gli utenti. E qui i risultati sono controversi. Perché se le tariffe telefoniche sono globalmente calate del 33%, e così pure quelle del gas, nell’elettricità il calo è stato del 20% e nell’acqua c’è stato un aumento del 26%, secondo un rapporto del Tesoro britannico e delle diverse autorità di settore. Ma non solo. I prezzi dell’elettricità sono caduti all’ingrosso del 40%, ma tra il 1998 e il 2000 sono addirittura aumentati del 5% per gli utenti. E poi, sempre nell’elettricità, il calo dei prezzi all’ingrosso non sarebbe dovuto alla maggiore efficienza della gestione ma a fattori esterni, come la cadute dei prezzi del carbone (30%) e del gas (40%) e il taglio di una aliquota che gravava per il 10% sul costo all’utente. Quanto alle ferrovie, lì il problema non è dei prezzi ma del servizio. Quello realizzato dai privati ha portato gli standard dei treni britannici sotto zero, la puntualità dei treni non esiste più, gli incidenti si susseguono e ogni tanto c’è perfino qualche convoglio che sbaglia strada e si perde nelle campagne.
Se si mettono assieme l’enfasi con cui questi dati sono stati fatti circolare anche sulla stampa estera, gli scandali finanziari che non sono solo italiani e aumentano la diffidenza dei risparmiatori verso le borse e altri segnali ancora, come la protezione che i governi francese e tedesco ma anche americano hanno ripreso ad accordare a diversi loro settori strategici, sembra di sentire un vento che cambia direzione. Che questo debba portare una nuova era di partecipazioni statali non è detto. E non né detto che non provocherebbe altre distorsioni. Ma, insomma, si è capito che i mercati da soli non sanno regolarsi proprio bene. E che il ruolo dello Stato nell’economia potrebbe scoprire una sua nuova stagione
Gentilmente tratto da Affari&Finanza del quotidiano la Repubblica
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