E la
sterlina resta fuori dall'euro
DAL NOSTRO CORRISPONDENTE LONDRA - La Gran Bretagna
non è ancora pronta, l' appuntamento con l' euro è
rinviato a data da destinarsi. C' era l' emozione
delle giornate storiche, ieri ai Comuni, quando il
cancelliere dello Scacchiere,
Gordon Brown, s' è
alzato per annunciare il verdetto sulla sterlina:
volti eccitati, cravatte sgargianti, teatralità
parlamentare. Emozione artificiale, però, perché Brown ha rispettato fino in fondo il copione
concordato con il premier Tony Blair, che gli
sedeva, vigile, alle spalle: «La partecipazione all'
euro sarebbe di beneficio alla Gran Bretagna», ha
esordito Brown, ripetendo un principio noto da anni.
Ma la decisione va presa solo se sarà, in modo
«chiaro e inequivocabile», nell' interesse
nazionale. Quando? Non si sa: di certo il governo
annuncerà in autunno una legge per rendere possibile
un referendum. E poi la situazione sarà esaminata di
nuovo, nella primavera del 2004, in occasione della
prossima finanziaria. CONVERGENZA - Di più, Brown
non ha detto. In inglese non c' è l' espressione
idiomatica delle calende greche, ma abbastanza «sense
of humour» perché il commentatore politico della
BBC,
Andrew Marr, indicasse «il giorno del Giudizio
universale» come termine ultimo per tale sofferta
decisione: Brown ha caricato il suo verdetto di tali
e tanti documenti, grafici e analisi (1800 pagine e
tre chili di peso, il solo riassunto) da spaccare
ogni dettaglio in quattro. Sì, ha detto, con l' euro
i commerci con il continente potrebbero aumentare
del 50% in trent' anni, e i sudditi diverrebbero più
ricchi del 9%. Ma ha posto così tante condizioni da
convincere chiunque che, se non ci sarà la voglia
politica di andare contro un' opinione pubblica che
resta in stragrande maggioranza ostile all' euro,
Londra entrerà nella valle di Giosafat con la
sterlina in tasca. L' annuncio di Brown, com' è
noto, riguardava i cinque test che egli stesso fissò
sei anni fa, nel 1997, quando i laburisti andarono
al governo. Bene, un solo test è gia stato superato:
quello sulla City. L' industria finanziaria del
Paese, che guadagna 28 miliardi di euro l' anno,
fiorirebbe sia con l' euro che con la sterlina, dice
Brown. Gli altri quattro non sono superati, o
potrebbero esserlo solo con riforme in Gran Bretagna
e nell' eurozona (Londra, tra l' altro, «cercherà
una riforma della Banca Centrale Europea»). E, di
questi, due sono fondamentali: quello su convergenza
economica e flessibilità. Vediamo. Il ciclo
economico del Regno Unito s' è avvicinato a quello
continentale, ma c' è differenza tra i tassi fissati
dalla Bce (2%) e dalla Banca d' Inghilterra (3,75%).
La convergenza del cambio non è sufficiente, cosa
che peraltro ha ieri rafforzato l' euro. Quanto alla
flessibilità, passi avanti sono stati fatti nell' Ue,
ma c' è ancora strada da fare, anche nel Regno
Unito, perché si possano assorbire «eventuali
traumi» dell' economia. CASE E MUTUI - Perciò, anche
i restanti due test (investimenti dall' estero e
crescita dell' occupazione) rimangono, seppur di
poco, non soddisfatti. In entrambi i casi ci sono
riforme da fare, che Brown promette a breve.
Tuttavia, il più importante aggiustamento che il
governo Blair dovrà compiere riguarda le ipoteche
sulle case, soggette a una volatilità che, come un
carico non ben stivato, provoca sbandamenti nella
nave britannica. Oggi, per capire, il monte delle
ipoteche è pari al 60% del prodotto nazionale, e il
60% è a tasso variabile, quindi sensibile a ogni
soffio d' inflazione, di cui diventa volano. Finché
non saranno introdotte ipoteche a tasso fisso, la
Gran Bretagna porterà nel suo ventre un enorme
fattore di rischio. Difficile, notano alcuni
osservatori scettici, che questa riforma sia fatta
entro il 2004, quando già Blair dovrà far digerire
ai sudditi la nuova Costituzione europea. Possibile,
invece, che sia pronta prima del Giudizio
universale. Alessio Altichieri
Tratto dal quotidiano Il Corriere Della Sera
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