I
gemelli Barclay
«Quello che voglio
è il potere. Baciali un giorno, e dagli un
calcio il giorno dopo» è ciò che disse a
Kipling
Mark Aitken, il povero ragazzo
scozzese fondatore del Daily Express , che
avrebbe poi venduto oltre quattro milioni di
copie al giorno, ragione per cui fu
inevitabile che venisse nominato Lord
Beaverbrook. «Potere senza responsabilità. Il
privilegio della meretrice attraverso i
secoli» fu la risposta di Kipling; una replica
che suo cugino il Primo ministro Stanley
Baldwin, tenuto sotto assedio al Numero Dieci
di Downing Street esattamente come lo è oggi Blair dagli «onnipotenti baroni della stampa»,
utilizzò poi in Parlamento. Bugiardo e
volubile, ignorante, furbo, dogmatico e
scaltro, Lord Beaverbrook è l’originale che
ispirò la figura di Lord Cropper, il
proprietario del Daily Beast in Scoop , il
romanzo del suo ex dipendente Evelyn Waugh. «Reykjavik
è la capitale del Kenia, no?», avrebbe chiesto
l’inoppugnabile Lord alla sua redazione
centrale. «Fino a un certo punto, Lord Cropper»,
avrebbero risposto in coro, con aria servile.
Nessuno potrebbe mettere in dubbio il suo
successo nella creazione di un giornale
leggendario. Assunse Tom Driberg perché
diventasse, come William Hickey, il suo
principale cronista mondano e il suo
opinionista. Quel che importava a Beaverbrook
era che Driberg fosse un grande giornalista,
non che fosse anche il segretario del
segretario generale del Partito comunista, una
spia dell’MI5 e del Comintern e un omosessuale
rapace, i cui arresti lo stesso Beaverbrook
tenne fuori dai giornali. Per Driberg «la
libertà di stampa è la libertà di pubblicare
quei pregiudizi del proprietario cui gli
inserzionisti non si oppongono». Il Daily Mail
- «scritto da fattorini per fattorini», come
sosteneva il Primo ministro Lord Salisbury -
fu il primo e autentico tabloid, inventato 120
anni fa da Alfred Harmsworth, poi Lord
Northcliffe. Egli credeva nel «dare al
pubblico quello che voleva», sebbene in realtà
politicamente fino ai giorni nostri sia stato
quello che la famiglia Harmsworth voleva,
Hitler incluso. Il padre di Rupert Murdoch
fece ritorno in Australia dopo un
apprendistato con Northcliffe. Suo figlio,
dopo aver comprato per una sciocchezza il Sun
, con cui ha finanziato tutti i suoi prestiti
e anche il Times , acquistato dal canadese
Lord Thompson, non ha nessun bisogno di essere
nominato Lord: è un imperatore globale al cui
ordine del giorno c’è anche la distruzione
della fonte di quell’onore, la monarchia
britannica, benché per lui si tratti
semplicemente di una questione provinciale.
La voce del partito conservatore, il Daily
Telegraph , fu fondata nel 1856 e fino ad oggi
è passata per le mani di tre famiglie: i Lord
Burnham, Camrose e Black. Lord Black,
canadese, come l’australiano Murdoch è
antieuropeo e sostiene l’ingresso della Gran
Bretagna nel Nafta. Comunque alcune presunte
«contabilità creative» tipiche di un barone
assolutista e predone hanno obbligato Black,
che per questo ha subito una causa da 118
milioni di sterline (circa 168 milioni di
euro), a vendere la proprietà per 200 milioni
di sterline ai riservatissimi gemelli
omozigoti Barclay, che, anche se non sono
ancora Lord, solo baronetti, vivono in un
castello da 60 milioni di sterline (quasi 86
milioni di euro) sull’isola feudale di Sark,
che deve la sua lealtà direttamente alla
Corona, non al Regno Unito o al suo esattore
delle tasse. Questo quando non si trovano
nella loro casa in Avenue Grandes Bretagne, a
Monaco. Nati poveri in Scozia, 69 anni fa, i
due lasciarono la scuola a 16 anni per
lavorare come imbianchini. Tra proprietà
terriere, hotel, casinò, grandi magazzini e
vendite postali nel Regno Unito e nel resto
del mondo, oggi valgono un miliardo di
sterline (oltre 1,4 miliardi di euro).
Possiedono anche lo Scotsman e altri giornali,
diretti dal redattore capo Andrew Neil, che
condivide le loro intransigenti opinioni
politiche thatcheriane e il loro background
scozzese proletario. Quest’ultimo è stato il
direttore del Sunday Times di Murdoch e colui
che ha lanciato SkyTv , e che si trova ora a
dover difendere il Telegraph dall’implacabile
determinazione di Murdoch ad ottenerne il
sorpasso da parte del Times . Questo è un
gioco riservato ai miliardari. Uno sport da
re, come le corse. Un’idiosincratica
proprietà coloniale (se la Scozia è una
colonia) sembra dunque essere la norma
inglese, mentre questi «ragazzi selvaggi delle
colonie» si sforzano di «sconvolgere e
meravigliare su ogni pagina», nello stesso
momento in cui obbligano l’establishment
britannico a tenerseli ben stretti al seno
snob. Chiamare i giornalisti «gentlemen della
stampa» è un ossimoro; ovviamente non lo è
definire «baroni della stampa» i proprietari,
o perlomeno «fino a un certo punto»!
(Traduzione di Gabriela Jacomella)
Richard Newbury
Gentilmente tratto dal quotidiano Il Corriere
della Sera
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